martedì 10 luglio 2012

Ergonomia del pensiero



Alcune note di Loretta Secchi e Cesare Giunchino


L'ergonomia, scienza che mette in relazione uomo e lavoro stabilendo le regole che ne governano il rapporto, nel rispetto dei concetti di efficacia ed efficienza, può essere estesa nel suo significato come un lavoro sull'uomo, a partire dalla trasformazione che l'individuo può attuare su se stesso, al fine di maturare un pensiero di tipo ergonomico, quindi funzionale alle circostanze esistenziali indotte dalle esigenze di adattamento uomo/contesto.

Si potrebbe sostenere come l’ergonomia coinvolga l’essere nel suo complesso: dall’esperienza sensoriale alla percezione del sé, fino a spingersi in direzione della propriocezione e dell’assetto posturale richiesto in certe operatività. Come esiste una coscienza sensoriale che ci permette di acquisire consapevolezza della nostra collocazione nello spazio, così sussiste una coscienza del rapporto che possiamo instaurare con i contesti in cui viviamo e ci muoviamo.

Un'ergonomia del pensiero potrà per questo essere una forma di riconsiderazione del rapporto armonico dell'uomo con la sua interiorità, le sue funzioni produttive e quelle sociali.

Se esiste una interpretazione di ciò che è ergonomicamente corretto, allo scopo di alleviare e ottimizzare la vita lavorativa, sia in funzione della produttività, sia in funzione della qualità della percezione del lavoro, ecco che un assetto estetico ed etico della disciplina ci condurrà a riflettere su cosa significhi educare ogni progettazione ad una economia ergonomica fondata su una qualità del pensiero che è anche educazione estetica e disposizione alla pulizia ed essenzialità delle forme, quantità e qualità della produzione.

Tale concetto potrebbe confliggere con un orientamento consumistico e sociale per il quale la coerenza di progettazione ridurrebbe gli sprechi, andando così a compromettere l'invito al consumo di prodotti, tra i più disparati, in un clima di eterogeneità produttiva tale da creare disorientamento e ingenuità nelle scelte d'acquisto secondo il rapporto costo-qualità. In questo ambito inquinato dalla incoerenza e babele progettuale meriterebbero particolare attenzione le politiche sociali centrate sull’accessibilità e sull’abbattimento delle barriere architettoniche, culturali e sensoriali.

Eludendo per necessità, in questo frangente, la considerazione sociologica dell'impatto che l'ergonomia potrebbe avere se intesa come scienza volta a regolamentare la difformità produttiva, ed interessandoci piuttosto all'aspetto comunicativo ed educativo di tale disciplina, ecco che l'ergonomia dovrebbe essere presentata e illustrata come una materia olistica che correla discipline diverse ma non nettamente distinte.


Ergonomia come disciplina che pone in evidenza agganci con:

1) la filosofia del lavoro (etica)
2) l'estetica delle forme in relazione alla loro funzione
3) la funzione dell'oggetto in relazione all'uomo
4) il concetto di adattamento profondo da intendersi come educazione all'integrazione dell'uomo e delle forme e contenuti di dispositivi e sistemi operativi.

Educazione ed ergonomia: promozione della disciplina per le sue funzioni conoscitive incluse considerazioni del valore estetico, miglioramento dei comportamenti e delle intuizioni, esame delle funzioni produttive in relazione a una riduzione degli sprechi morali e materiali che in una cattiva o superflua conduzione del lavoro si creano.
Educazione all'esattezza e alla concentrazione mediante pratiche volte e sviluppare la precisione e la consapevolezza dell'azione.


L’idea di adattamento reciproco (uomo-oggetto) è un altro aspetto il cui contenuto riverbera nella sfera interiore dell’individuo: non esiste a priori alcuna condizione percettiva che possa essere universale, codificabile e propriamente spontanea, poiché ogni esperienza percettiva nasce da un nostro pregresso e presuppone un adattamento, ovvero un passaggio dall’estraneità alla familiarità.


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